LA CINQUANTINA DI CECINA
e lo spedale di Vada (sec. XIII-XIV)



La Cinquantina è una frazione del comune di Cecina, compresa tra la foce del Tripesce vecchio (Mazzanta) e il Cecina. Fece parte a lungo del territorio di Riparbella ma fu anche soggetta all’autorità di Vada (Rosignano M.), a causa dell’importanza del suo porto.
È citata tra Due-Trecento nei registri dell’Ospedale Nuovo di Pisa a proposito proprio di Vada e di un suo piccolo ospedale per le persone di passaggio o per gli infermi, munito di beni che assicuravano una rendita.
Di questi ultimi sono elencati cinque pezzi di terra: due con sopra delle vigne in luogo detto Certana, avute nel 1295 con atto rogato da Iacopo notaio e nel 1323 con il rogito di Bonifazio di Falcone; un terzo a Via d’Asca “sive” Ricisi di proprietà un tempo del fu Guido degli “Acini” o Asini; un quarto alla Volta di Collemezzano sempre appartenuto a Guido.
La zona ci sembra corrispondere a quella prossima al moderno San Pietro in Palazzi, soprattutto leggendo i confini della via che “voltava”, cioè girava verso Collemezzano (l’Emilia o una sua traversa?) e della selva Asca estesa nel territorio a settentrione e a monte della costa.

L’ultimo pezzo di terra dell’elenco è meritevole di trascrizione:


“Quintum est in loco La Cinquantina et , est tertia pars pro indiviso unium petii terre positi in loco dicto La Cinquantina; et tenet caput in via publica prope foveam, aliud in Salsareto comunis Vade et parti Massarelli, latus in terra Nerini Barsoni(s), latus in terra heredum Barsoni(s) e filiorum”.

Diciamo meritevole perché appunto la Cinquantina esiste ancora oggi, ma la sua storia è conosciuta solo dal secolo XVIII; la villa Guerrazzi poi è nota perché vi morì nel 1873 Giovanni Domenico, patriota risorgimentale.

Le informazioni medievali pertanto sono inedite e di rilievo anche per situare le vicine Saline (il Salsareto) del Comune di Vada.
“Quod”, il quale appezzamento – prosegue il ricordo – “Figus mercatantis”, Figo mercante, giudice dell’ospedale – manca il verbo nel seguito, ma ci sembra che possa essere: dichiarò – per testimonianza resa da prete Iacopo del fu Lupo da Calci nel 1307. Questo perché era occupato da Ranieri di Ianni e coltivato a grano.

Qualche anno dopo, nel 1311 – il registro continua con altre notizie – Uguccionella vedova del maestro Lupo medico di Bolgheri donò all’ospedale “inter vivos” un sesto pezzo di terra che era un orto “prope castrum de Vada loco dicto Al Padule”, confinato dal fosso del Comune e dallo stesso Padule. La carta fu rogata dal notaio ser Lando da Bolgheri nel 1311.

Nel 1314 invece Villana vedova di Guido di Martino da Vada e figlia del fu Enrico da Collemezzano, altro giudice dell’ospedale, dichiarò un letto del valore di 10 lire per testimonianza di Duccio da Bibbona. E lo scrittore prosegue: “Barsino da Colmezano habuit dictum lectum”. Cioè Barsino da Collemezzano aveva il letto.

L’ospedale, si comprende anche da queste note, era piccolo e in una zona povera. Aveva, è vero, delle terre ma anche poca autorità nel tenersele. Però ora tentava di riacquisirle tramite l’Ospedale Nuovo di Pisa.
Gli ultimi due ricordi infatti riportano la destinazione degli appezzamenti.

Nella prima si dice che frate Francisco “magister” dell’Ospedale (Nuovo) affittò a Vannello di Vanni Casini da Vada quattro pezzi di terra, dai quali la quinta parte dei frutti ricavati doveva essere consegnata per la festa di San Michele. Erano presenti al contratto, senza data (comunque verso il 1323) Buto di Bonfiglio e Menco Pillini o Piglini.
Nella seconda nota il suddetto “magister” concesse altri due pezzi di terra a Buto di Bonfiglio per il canone annuo di uno staio di grano, testimoni Menco e Vannello.

Volendo poi citare, in aggiunta, altri abitanti del territorio di Vada e dintorni di questi anni – per conoscere qualcosa in più di un Comune un tempo forte ma dimenticato da secoli e secoli –, troviamo a Certana Andrea da Sarzana, gli eredi di Lippo detto Scede, Tabiano di Montone e i beni della pieve. Alla Via di Asca è ricordato un certo Bartolomeo la cui terra era tenuta in feudo da Notuccio da Doglia (Pomaia), quindi Ianni da Sassetta e Betto di Gaddo che la lavorava a terratico. A Volta di Colmezzano avevano beni Bertuccio di Uberto e Bertuccio “Septi Fabri”, Vannello Casini citato e Vanni di Stefano. La conduceva tale Ciaffone. Al Padule donato da Uguccionella si trovavano i beni di Pannocchia da Sassetta, che era un cittadino pisano.
Alla fine dei ricordi si trova scritto semplicemente “Baccione Bonamici f. xxxvii l. vi”.


Paola Ircani Menichini, 2 luglio 2021.
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– La Cinquantina nel particolare di una mappa del Catasto ottocentesco.

– Baccio Bacci (1888-1974), Piano di Vada, nel 1937 mostrato all’Esposizione Universale di Parigi, Arte Italiana.

– Il ricordo manoscritto della Cinquantina tra Due e Trecento.

– Villa Guerrazzi alla Cinquantina, da Wikipedia.


Precedenti

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